Comunicazione e correnti nonsense
A proposito di lingua.
No, non mi riferisco a quella anatomica, avrei altrimenti ricorso al suo equivalente inglese "tongue", per sperar d'esser compresa dalle "nuove" generazioni.
Superata ormai brillantemente la fase di sconcerto iniziale, assisto impotente all'ineluttabile processo di demolizione della lingua italiana, un fardello da subire passivamente come la peggiore e intrattabile delle piaghe del nostro tempo.
Una lingua già tragicamente oltraggiata e flagellata dal costante ricorso al turpiloquio. Eppure vantiamo un patrimonio vastissimo di sinonimi e sfumature da far gola persino a una tavolozza cromatica o una mazzetta pantone.
E il tutto a favore di una inglesizzazione coatta, inutile, non richiesta, prepotente e malsana.
Oso comporre, di seguito, una frase del tipo..... : "Ci comunichi i suoi skill tecnici, così da poter ricevere feedback dal project manager della nostra start-up, sulla base dei quali faremo un draft del planning e dell'eventuale percorso di training. In fase di call conference, faremo poi un brain storming per la definizione dei nuovi task e project deadline. Il tutto si concluderà con un piacevole brunch da consumare nella hall."
Miracolo! Un vero miracolo se nella stesura di questo periodo riusciate ancora a scorgervi degli stralci di articoli o congiunzioni riconoscibili. Lo definirei il riflesso, l'emblema d'un repertorio di vocaboli assai limitato, tipico degli individui di questo nostro triste tempo. Tutto moda, tutto asservimento, e zero cervello.
Ecco, dunque, come la lacuna culturale venga colmata con quel vocabolino (tutte kappa e niente cervello) di facile reperimento e memorizzazione, a mó di pronto soccorso linguistico, visti le ormai stra-inflazionate terminologie inglesi che han stancato e nauseato pure i sassi.
Rievoca tanto l'uso e l'abuso del latino da parte dei medici di qualche secolo fa, utile a zittire il malcapitato paziente di turno, del tutto ignaro dell'incompetenza del camice bianco che gli si ponga innanzi. L'illusione di celebrare e corroborare una presunta professionalità che fa acqua da tutte le parti, di una vacuità senza precedenti.
Con questo non intendo disconoscere la lingua inglese come strumento culturale strategico ai fini della carriera (e della sopravvivenza), vista l'urgenza di internazionalizzazione dell'era moderna.
Ma le lingue vanno apprese e comprese al fine d'essere impiegate come chiave comunicativa, qualora gli eventi (come incontri tra più soggetti appartenenti ad aree geografiche distinte) lo rendano necessario, irrinunciabile, urgente, straordinario.
Ma quando siamo in Italia, quattro cristi di madrelingua italiana seduti a una diavolo di tavola rotonda o scriviamo un messaggio di posta elettronica, cerchiamo di dimostrare agli astanti di conoscere la nostra lingua, ragazzi!
Una lingua ancora valida, ancora non in disuso. Sfoderate qualche sinonimo efficace, che affascini, che renda incisiva l'interazione. E sfoderate l'inglese quando serve. Al pari di un estintore per domare un incendio.
Insegnate ai vostri figli, ai vostri allievi, ai vostri colleghi/collaboratori a non uccidere l'italiano con gli ennesimi colpi di grazia. Siate moderni: non omologatevi, non piegatevi al dispotismo della corrente. Affannatevi, arrovellatevi nel ricercare la parola e punteggiatura giuste, non la parola piú comoda, le scorciatoie, né la frase salva-ignoranza.
Possiamo beatamente conoscere l'inglese senza ricorrervi in maniera compulsiva e senza scardinare la nostra lingua (anche quella anatomica).
E al diavolo le correnti. Tutte.
No, non mi riferisco a quella anatomica, avrei altrimenti ricorso al suo equivalente inglese "tongue", per sperar d'esser compresa dalle "nuove" generazioni.
Superata ormai brillantemente la fase di sconcerto iniziale, assisto impotente all'ineluttabile processo di demolizione della lingua italiana, un fardello da subire passivamente come la peggiore e intrattabile delle piaghe del nostro tempo.
Una lingua già tragicamente oltraggiata e flagellata dal costante ricorso al turpiloquio. Eppure vantiamo un patrimonio vastissimo di sinonimi e sfumature da far gola persino a una tavolozza cromatica o una mazzetta pantone.
E il tutto a favore di una inglesizzazione coatta, inutile, non richiesta, prepotente e malsana.
Oso comporre, di seguito, una frase del tipo..... : "Ci comunichi i suoi skill tecnici, così da poter ricevere feedback dal project manager della nostra start-up, sulla base dei quali faremo un draft del planning e dell'eventuale percorso di training. In fase di call conference, faremo poi un brain storming per la definizione dei nuovi task e project deadline. Il tutto si concluderà con un piacevole brunch da consumare nella hall."
Miracolo! Un vero miracolo se nella stesura di questo periodo riusciate ancora a scorgervi degli stralci di articoli o congiunzioni riconoscibili. Lo definirei il riflesso, l'emblema d'un repertorio di vocaboli assai limitato, tipico degli individui di questo nostro triste tempo. Tutto moda, tutto asservimento, e zero cervello.
Ecco, dunque, come la lacuna culturale venga colmata con quel vocabolino (tutte kappa e niente cervello) di facile reperimento e memorizzazione, a mó di pronto soccorso linguistico, visti le ormai stra-inflazionate terminologie inglesi che han stancato e nauseato pure i sassi.
Rievoca tanto l'uso e l'abuso del latino da parte dei medici di qualche secolo fa, utile a zittire il malcapitato paziente di turno, del tutto ignaro dell'incompetenza del camice bianco che gli si ponga innanzi. L'illusione di celebrare e corroborare una presunta professionalità che fa acqua da tutte le parti, di una vacuità senza precedenti.
Con questo non intendo disconoscere la lingua inglese come strumento culturale strategico ai fini della carriera (e della sopravvivenza), vista l'urgenza di internazionalizzazione dell'era moderna.
Ma le lingue vanno apprese e comprese al fine d'essere impiegate come chiave comunicativa, qualora gli eventi (come incontri tra più soggetti appartenenti ad aree geografiche distinte) lo rendano necessario, irrinunciabile, urgente, straordinario.
Ma quando siamo in Italia, quattro cristi di madrelingua italiana seduti a una diavolo di tavola rotonda o scriviamo un messaggio di posta elettronica, cerchiamo di dimostrare agli astanti di conoscere la nostra lingua, ragazzi!
Una lingua ancora valida, ancora non in disuso. Sfoderate qualche sinonimo efficace, che affascini, che renda incisiva l'interazione. E sfoderate l'inglese quando serve. Al pari di un estintore per domare un incendio.
Insegnate ai vostri figli, ai vostri allievi, ai vostri colleghi/collaboratori a non uccidere l'italiano con gli ennesimi colpi di grazia. Siate moderni: non omologatevi, non piegatevi al dispotismo della corrente. Affannatevi, arrovellatevi nel ricercare la parola e punteggiatura giuste, non la parola piú comoda, le scorciatoie, né la frase salva-ignoranza.
Possiamo beatamente conoscere l'inglese senza ricorrervi in maniera compulsiva e senza scardinare la nostra lingua (anche quella anatomica).
E al diavolo le correnti. Tutte.
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