Finto Design e morte dell'empatia
Intendiate questo nuovo articolo come un breve escursus sul senso di due ben distinte modalità di produzione artigianale: il Design e l'Arte.
Si definisce Design la progettazione logica di un prodotto, un oggetto, un qualsivoglia strumento o interfaccia con la quale un utente si trovi a interagire. L'interazione diviene un'esigenza poiché, colui che ne fruisce, se ne avvale al solo fine di semplificare nettamente un processo interattivo che - altrimenti - si configurerebbe come oneroso o macchinoso.
È pertanto necessario, doveroso, deontologicamente urgente che il Designer sviluppi una profonda empatia col soggetto al quale un dato artefatto è destinato, affinché lo sforzo cognitivo del fruitore sia sufficientemente prossimo allo zero, se non addirittura nullo.
La compilazione di un'anagrafica, l'iter di acquisto di un prodotto, l'espletamento di un servizio, possono racchiudere in sé una successione di eventi articolati e oggettivamente complessi. Si tratta di un nodo difficile da districare, ma è qui che emerge la professionalità (nonché la missione) di un Disegnatore dell'Esperienza Utente: acquisire - in primis - un'attenta cultura della modalità di interazione, la visualizzazione dei passaggi cruciali di cui si compone il processo così da semplificarlo a tal punto da renderlo autoevidente, autoesplicativo, altamente e indiscutibilmente intuitivo, utilizzabile persino da un bambino.
Ovviamente, per definizione, non potrà mai ideare o avvalersi di un codice/registro comunicativo nuovo; adotterà bensì un linguaggio comune e universalmente riconducibile alle medesime chiavi di lettura. Le infinite possibilità interpretative le lasciamo invece all'Arte, ai suoi svolazzi estetici opera di sognatori che producono affreschi e sculture in balìa di muse ispiratrici o slanci espressionistici; mille osservatori attribuirebbero, potenzialmente, mille diverse letture del soggetto rappresentato.
Il Design è la trasmissione di un messaggio inconfutabile, nella stessa misura in cui - se pronuncio il termine ombrello - nessuno potrà immaginare altro se non un ombrello. Deve configurarsi, inoltre, come un messaggio durevole nel tempo: a prova di amnesia, a prova di nuovo utente/visitatore, a prova di sopraggiunto stress emotivo o di legittimo analfabetismo informatico (ancora piuttosto resistente nel nostro paese, ahinoi).
A proposito dell'impiego d'un registro comune, veniamo agli opportuni esempi pratici. Immaginiamo lo svolgimento di un'attività banale quale lo switching di un interruttore. Per cultura, a prescindere dall'intelligenza o bagaglio esistenziale individuali acquisiti nel tempo, per accendere la luce in una stanza ci si attende di poter reperire (così da interagirvi agevolmente) il dispositivo di accensione / spegnimento più o meno alla portata di un individuo adulto, immediatamente a destra / sinistra, in prossimità dell'ingresso.
Di rado, in un impianto ben progettato, dovrei sprecare secondi preziosi a pormi quesiti sul dove e come intercettare il pulsante andando a tentoni sulla parete (in condizioni di ovvia penombra, per giunta!) alla spasmodica ricerca dell'interruttore perduto.
Nessun progettista si sognerebbe di posizionarlo a 5 cm da terra poiché, requisito fondamentale, sarà quello d'essere a portata di mano (non di ratto) e immediatamente identificabile al solo tatto.
Certo, elettricisti affetti da sadica follia potrebbero potenzialmente sottoporre, a noi malcapitati utenti, qualsivoglia variante sul tema; basterebbe propinarci - preventivamente - un opuscolo informativo che sancirebbe e legittimerebbe la creazione di un nuovo linguaggio, a mò di libretto di istruzioni: "Gentile utente, per accendere la luce, è necessario chinarsi e premere l'apposito tasto, posto tra la parte terminale inferiore dello stipite e l'adiacente battiscopa (fig. 1A)."
E se, in un Hotel, ci avvisassero che in ascensore, pigiando il pulsante contrassegnato dal numero 2 (o, peggio ancora, un pulsante privo di numero), saremmo in realtà indirizzati al piano 5? Avverrebbe, dunque, una mancata corrispondenza tra significante e significato, che potrei comunque accogliere e memorizzare come valida approdando sempre al piano giusto, ma sarei vittima di una comunicazione alterata, estranea a uno standard universale: una comunicazione mancata, conseguente alla morte dell'empatia (ammesso sia mai nata, nella mente dell'ideatore). Il pulsante 2 rappresenterà quel che definisco finto Design, in quanto, sebbene esteticamente accattivante, lucente, moderno, ergonomico, è in realtà una scatola vuota. Vuota ma insidiosa, fuorviante, bugiarda: un finto design, incapace di trasmettere il concetto per cui dovrebbe essere nato.
In conclusione potremmo affermare che, qualsivoglia elemento incapace di comunicare visivamente l'evento conseguente e corrispondente alla sua selezione, sarà un oggetto inusabile, non in quanto non funzionante, ma in quanto non soddisfacente il solo requisito indispensabile, irrinunciabile, senza il quale il Design non avrebbe ragione di esistere: la riconoscibilità.
La compilazione di un'anagrafica, l'iter di acquisto di un prodotto, l'espletamento di un servizio, possono racchiudere in sé una successione di eventi articolati e oggettivamente complessi. Si tratta di un nodo difficile da districare, ma è qui che emerge la professionalità (nonché la missione) di un Disegnatore dell'Esperienza Utente: acquisire - in primis - un'attenta cultura della modalità di interazione, la visualizzazione dei passaggi cruciali di cui si compone il processo così da semplificarlo a tal punto da renderlo autoevidente, autoesplicativo, altamente e indiscutibilmente intuitivo, utilizzabile persino da un bambino.
Ovviamente, per definizione, non potrà mai ideare o avvalersi di un codice/registro comunicativo nuovo; adotterà bensì un linguaggio comune e universalmente riconducibile alle medesime chiavi di lettura. Le infinite possibilità interpretative le lasciamo invece all'Arte, ai suoi svolazzi estetici opera di sognatori che producono affreschi e sculture in balìa di muse ispiratrici o slanci espressionistici; mille osservatori attribuirebbero, potenzialmente, mille diverse letture del soggetto rappresentato.
Il Design è la trasmissione di un messaggio inconfutabile, nella stessa misura in cui - se pronuncio il termine ombrello - nessuno potrà immaginare altro se non un ombrello. Deve configurarsi, inoltre, come un messaggio durevole nel tempo: a prova di amnesia, a prova di nuovo utente/visitatore, a prova di sopraggiunto stress emotivo o di legittimo analfabetismo informatico (ancora piuttosto resistente nel nostro paese, ahinoi).
A proposito dell'impiego d'un registro comune, veniamo agli opportuni esempi pratici. Immaginiamo lo svolgimento di un'attività banale quale lo switching di un interruttore. Per cultura, a prescindere dall'intelligenza o bagaglio esistenziale individuali acquisiti nel tempo, per accendere la luce in una stanza ci si attende di poter reperire (così da interagirvi agevolmente) il dispositivo di accensione / spegnimento più o meno alla portata di un individuo adulto, immediatamente a destra / sinistra, in prossimità dell'ingresso.
Di rado, in un impianto ben progettato, dovrei sprecare secondi preziosi a pormi quesiti sul dove e come intercettare il pulsante andando a tentoni sulla parete (in condizioni di ovvia penombra, per giunta!) alla spasmodica ricerca dell'interruttore perduto.
Nessun progettista si sognerebbe di posizionarlo a 5 cm da terra poiché, requisito fondamentale, sarà quello d'essere a portata di mano (non di ratto) e immediatamente identificabile al solo tatto.
Certo, elettricisti affetti da sadica follia potrebbero potenzialmente sottoporre, a noi malcapitati utenti, qualsivoglia variante sul tema; basterebbe propinarci - preventivamente - un opuscolo informativo che sancirebbe e legittimerebbe la creazione di un nuovo linguaggio, a mò di libretto di istruzioni: "Gentile utente, per accendere la luce, è necessario chinarsi e premere l'apposito tasto, posto tra la parte terminale inferiore dello stipite e l'adiacente battiscopa (fig. 1A)."
E se, in un Hotel, ci avvisassero che in ascensore, pigiando il pulsante contrassegnato dal numero 2 (o, peggio ancora, un pulsante privo di numero), saremmo in realtà indirizzati al piano 5? Avverrebbe, dunque, una mancata corrispondenza tra significante e significato, che potrei comunque accogliere e memorizzare come valida approdando sempre al piano giusto, ma sarei vittima di una comunicazione alterata, estranea a uno standard universale: una comunicazione mancata, conseguente alla morte dell'empatia (ammesso sia mai nata, nella mente dell'ideatore). Il pulsante 2 rappresenterà quel che definisco finto Design, in quanto, sebbene esteticamente accattivante, lucente, moderno, ergonomico, è in realtà una scatola vuota. Vuota ma insidiosa, fuorviante, bugiarda: un finto design, incapace di trasmettere il concetto per cui dovrebbe essere nato.
In conclusione potremmo affermare che, qualsivoglia elemento incapace di comunicare visivamente l'evento conseguente e corrispondente alla sua selezione, sarà un oggetto inusabile, non in quanto non funzionante, ma in quanto non soddisfacente il solo requisito indispensabile, irrinunciabile, senza il quale il Design non avrebbe ragione di esistere: la riconoscibilità.
Commenti
Posta un commento