Scortesie per gli ospiti
Nell'articolo precedente, ho velatamente (e volutamente) inserito riferimenti a quel tema cruciale che vede come protagonista una tanto bella quanto insidiosa, sconosciuta signora: l'usabilità percepita.
Assai poco discussa, se non limitatamente ad ambiti professionali legati alla comunicazione visiva, fa capolino in interfacce online (ma non solo) della Pubblica Amministrazione. In tali contesti, l'avvenuto rinnovamento stilistico di precedenti versioni fatiscenti, presume di supplire a funzionalità ancora indecifrabili, incapaci di comunicare flussi e meccanismi di interazione, a prescindere dal look che le contraddistingue.
Si tratta di prodotti mal (o mai) sottoposti a un iter progettuale a misura d'uomo sano; si tratta di portali i cui contenuti sono stati prelevati e traslocati in interfacce appetitose e pronte all'uso, scaricate da raccolte online e ora farcite (a forza bruta) con contenuti e processi preesistenti, propri del sito originario. Il tutto per aggirare l'ostacolo di un lavoro disegnabile ad hoc, modellato sulla tipologia di prodotto e sulle utenze in esso coinvolte.
L'ignaro e profano utente, folgorato dall'avvenuto miracolo di natura meramente estetica, percepirà il nuovo aspetto come incremento dell'usabilità e fruibilità del portale; si tratterà però di un valore percepito, proiettato, mai intrinseco.
Come se, in una casa prossima al crollo e priva di collegamenti validi tra le aree di cui si compone - ivi comprese scale martoriate dall'incuria - ci si curasse di tinteggiarla e sostituirne gli zerbini, al solo scopo di dissimulare il fallimento di cui è pregna. Una bellissima, elegantissima donna, il cui abito non ne muta - tuttavia - la somma, lampante stupidità.
Ma lo scopo dell'informatica, dell'edilizia, della tecnologia, non dovrebbe esser la netta semplificazione dei processi burocratici e logistici al fine di agevolare l'utente cittadino nella risoluzione dei casi, nella compilazione e trasmissione documentale, ecc ...? Le operazioni si trasformano, invece, in una fitta trama di collegamenti e interminabili eventi a cascata. Il povero malcapitato, qualora riuscisse a rintracciare l'elemento cliccabile o l'area di interesse, si ritroverà (oltre alla sindrome da tunnel carpale) prigioniero d'un labirinto dell'orrore, provvisto di solo ingresso, popolato da mostri e ben lontano dalla logica lineare.
Una spasmodica, affannosa ricerca di dati, frutto di un totale fallimento comunicativo. Da fruitori a cacciatori, da naviganti a servitori docili. Una strada in salita, a piedi, a trainar massi enormi, quando la sola ragione di esistere di un servizio risiede nel condurci placidamente a valle, rotolando spensieratamente, senza attriti, senza crucci.
Ricordiamo che il web è nato per servirci, non per renderci servitori e, per giunta, in un frustrante girone dell'inferno, sommato ai già conclamati drammi di cui sono colme le nostre esistenze.
Ricordiamo che le auto ci conducono a destinazione senza sforzo alcuno, non ci chiedono di abbandonare l'abitacolo e farle procedere a suon di spinte.
Immaginiamo una pagina internet come la cucina di una casa con la quale interagiremo in qualità di forestieri, ovvero nelle vesti del cosiddetto utente ospite. In questo ambiente avvertiremo la legittima necessità di svolgere delle attività caratterizzate da un alto livello di specificità; in caso contrario avremmo prediletto un comodo salotto, da contemplare come spettatori passivi. Ma del cinematografo parleremo in future occasioni ...
Desidero preparare un piatto di pasta, e la cucina mi offrirà dei servizi. Ognuno di essi, per essere espletato, disporrà dei relativi strumenti; ognuno di questi strumenti dovrà soddisfare tre requisiti cardine:
- funzionalità;
- reperibilità;
- riconoscibilità.
Come evidente, non ho annoverato quanto di più banale mi sarei attesa da un interlocutore mediocre: l'urgenza dell'appagamento visivo, erroneamente attribuita al Designer.
Ebbene sì, vi stupiró: per un designer l'estetica è l'ultimo elemento della scala gerarchica, l'ultimo dei suoi intenti.
Non mi cureró mai che il pentolame sia in tinta con gli interni di casa, bensì che sia a portata di mano, non sia forato né danneggiato, assolva alle sue ovvie funzioni e che la sua forma sia conforme a uno standard che mi consenta di distinguerlo immediatamente da altri oggetti circostanti. Vi è mai sorto il dubbio, guardando un mestolo e una pentola, chi dei due fosse chi? Direi di no. Ogni oggetto/icona racchiude in sé l'impellenza di mantenere una cortese promessa: la trasmissione di un senso univoco. E in meno di un secondo.
La preparazione della pasta è un flusso lineare ed elementare, che si compone di quattro eventi cruciali:
1) inserimento dell'acqua in pentola, ovvero reperimento - e successiva apertura - del rubinetto;
2) accensione della fiamma, posizionamento della pentola, attesa della bollitura;
3) a bollitura avvenuta, immersione della pasta e attesa della cottura;
4) scolo della pasta, ovvero reperimento dello scolapasta.
Buon appetito (alias: operazione avvenuta con successo).
Come facile evincere, ognuno dei quattro passaggi sopra riportati soddisfa appieno i nostri tre requisiti: funzionalità, reperibilità, riconoscibilità.
L'ospite non avvertirà mai l'urgenza di interpellare un manuale, né tantomeno di scomodare il padrone di casa. Il rubinetto di erogazione dell'acqua, come il pentolame, è geograficamente e visivamente prossimo ai fornelli, non si colloca nella stanza accanto, né al piano superiore. A cottura avvenuta, all'ospite non viene richiesto di abbandonare la cucina con la pentola della pasta tra le mani per andarla a scolare nel lavabo del vicino. Tutto risulta aderente a una logica fluida, chiara, scevra da qualsivoglia struggimento. Ebbene, la successione di episodi descritta in questa cucina e la relativa semplicità di esecuzione, sono (ahinoi) assai di rado rintracciabili in ambienti e interfacce internet laddove, più che in ogni altro settore, urgerebbe un occhio di riguardo verso il sempre sacro ospite. La preparazione del piatto di pasta è ora onerosa; la cucina, il suo contenuto, sono distribuiti in più stanze incomunicanti. E per nulla comunicative.
Lo sconcerto ha la meglio, la sacralità dell'ospite è ridotta a una scortese, laboriosa pasta scotta.
Buon digiuno! (alias: operazione avvenuta con insuccesso).
Assai poco discussa, se non limitatamente ad ambiti professionali legati alla comunicazione visiva, fa capolino in interfacce online (ma non solo) della Pubblica Amministrazione. In tali contesti, l'avvenuto rinnovamento stilistico di precedenti versioni fatiscenti, presume di supplire a funzionalità ancora indecifrabili, incapaci di comunicare flussi e meccanismi di interazione, a prescindere dal look che le contraddistingue.
Si tratta di prodotti mal (o mai) sottoposti a un iter progettuale a misura d'uomo sano; si tratta di portali i cui contenuti sono stati prelevati e traslocati in interfacce appetitose e pronte all'uso, scaricate da raccolte online e ora farcite (a forza bruta) con contenuti e processi preesistenti, propri del sito originario. Il tutto per aggirare l'ostacolo di un lavoro disegnabile ad hoc, modellato sulla tipologia di prodotto e sulle utenze in esso coinvolte.
L'ignaro e profano utente, folgorato dall'avvenuto miracolo di natura meramente estetica, percepirà il nuovo aspetto come incremento dell'usabilità e fruibilità del portale; si tratterà però di un valore percepito, proiettato, mai intrinseco.
Come se, in una casa prossima al crollo e priva di collegamenti validi tra le aree di cui si compone - ivi comprese scale martoriate dall'incuria - ci si curasse di tinteggiarla e sostituirne gli zerbini, al solo scopo di dissimulare il fallimento di cui è pregna. Una bellissima, elegantissima donna, il cui abito non ne muta - tuttavia - la somma, lampante stupidità.
Ma lo scopo dell'informatica, dell'edilizia, della tecnologia, non dovrebbe esser la netta semplificazione dei processi burocratici e logistici al fine di agevolare l'utente cittadino nella risoluzione dei casi, nella compilazione e trasmissione documentale, ecc ...? Le operazioni si trasformano, invece, in una fitta trama di collegamenti e interminabili eventi a cascata. Il povero malcapitato, qualora riuscisse a rintracciare l'elemento cliccabile o l'area di interesse, si ritroverà (oltre alla sindrome da tunnel carpale) prigioniero d'un labirinto dell'orrore, provvisto di solo ingresso, popolato da mostri e ben lontano dalla logica lineare.
Una spasmodica, affannosa ricerca di dati, frutto di un totale fallimento comunicativo. Da fruitori a cacciatori, da naviganti a servitori docili. Una strada in salita, a piedi, a trainar massi enormi, quando la sola ragione di esistere di un servizio risiede nel condurci placidamente a valle, rotolando spensieratamente, senza attriti, senza crucci.
Ricordiamo che il web è nato per servirci, non per renderci servitori e, per giunta, in un frustrante girone dell'inferno, sommato ai già conclamati drammi di cui sono colme le nostre esistenze.
Ricordiamo che le auto ci conducono a destinazione senza sforzo alcuno, non ci chiedono di abbandonare l'abitacolo e farle procedere a suon di spinte.
Immaginiamo una pagina internet come la cucina di una casa con la quale interagiremo in qualità di forestieri, ovvero nelle vesti del cosiddetto utente ospite. In questo ambiente avvertiremo la legittima necessità di svolgere delle attività caratterizzate da un alto livello di specificità; in caso contrario avremmo prediletto un comodo salotto, da contemplare come spettatori passivi. Ma del cinematografo parleremo in future occasioni ...
Desidero preparare un piatto di pasta, e la cucina mi offrirà dei servizi. Ognuno di essi, per essere espletato, disporrà dei relativi strumenti; ognuno di questi strumenti dovrà soddisfare tre requisiti cardine:
- funzionalità;
- reperibilità;
- riconoscibilità.
Come evidente, non ho annoverato quanto di più banale mi sarei attesa da un interlocutore mediocre: l'urgenza dell'appagamento visivo, erroneamente attribuita al Designer.
Ebbene sì, vi stupiró: per un designer l'estetica è l'ultimo elemento della scala gerarchica, l'ultimo dei suoi intenti.
Non mi cureró mai che il pentolame sia in tinta con gli interni di casa, bensì che sia a portata di mano, non sia forato né danneggiato, assolva alle sue ovvie funzioni e che la sua forma sia conforme a uno standard che mi consenta di distinguerlo immediatamente da altri oggetti circostanti. Vi è mai sorto il dubbio, guardando un mestolo e una pentola, chi dei due fosse chi? Direi di no. Ogni oggetto/icona racchiude in sé l'impellenza di mantenere una cortese promessa: la trasmissione di un senso univoco. E in meno di un secondo.
La preparazione della pasta è un flusso lineare ed elementare, che si compone di quattro eventi cruciali:
1) inserimento dell'acqua in pentola, ovvero reperimento - e successiva apertura - del rubinetto;
2) accensione della fiamma, posizionamento della pentola, attesa della bollitura;
3) a bollitura avvenuta, immersione della pasta e attesa della cottura;
4) scolo della pasta, ovvero reperimento dello scolapasta.
Buon appetito (alias: operazione avvenuta con successo).
Come facile evincere, ognuno dei quattro passaggi sopra riportati soddisfa appieno i nostri tre requisiti: funzionalità, reperibilità, riconoscibilità.
L'ospite non avvertirà mai l'urgenza di interpellare un manuale, né tantomeno di scomodare il padrone di casa. Il rubinetto di erogazione dell'acqua, come il pentolame, è geograficamente e visivamente prossimo ai fornelli, non si colloca nella stanza accanto, né al piano superiore. A cottura avvenuta, all'ospite non viene richiesto di abbandonare la cucina con la pentola della pasta tra le mani per andarla a scolare nel lavabo del vicino. Tutto risulta aderente a una logica fluida, chiara, scevra da qualsivoglia struggimento. Ebbene, la successione di episodi descritta in questa cucina e la relativa semplicità di esecuzione, sono (ahinoi) assai di rado rintracciabili in ambienti e interfacce internet laddove, più che in ogni altro settore, urgerebbe un occhio di riguardo verso il sempre sacro ospite. La preparazione del piatto di pasta è ora onerosa; la cucina, il suo contenuto, sono distribuiti in più stanze incomunicanti. E per nulla comunicative.
Lo sconcerto ha la meglio, la sacralità dell'ospite è ridotta a una scortese, laboriosa pasta scotta.
Buon digiuno! (alias: operazione avvenuta con insuccesso).
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