Ma tanto ...l'utente lo sa
Il processo di dematerializzazione della nostra era è caratterizzato da un duplice aspetto:
se da un lato promuove la totale, sebbene piuttosto graduale, abolizione del materiale cartaceo a favore di una certa conversione alle versioni documentali digitali, dall'altro incoraggia e alimenta un'inconsapevole ottusità di certuni soggetti. Diceva qualche saggio: l'idiozia resta tale anche cambiando argomento.
Difatti, in tutte le occasioni, si palesa e con la medesima intensità. Oggi come ieri, talvolta più di ieri, si perfeziona, si nutre di nuovi stimoli esterni, si lascia influenzare (quasi per induzione) da espressioni verbali nonsense, da esternazioni che sono frutto della totale dismissione dell'intelligenza.
Da qui nascono, dopo anni di estenuanti battaglie, i miei appunti (e disappunti) sui dialoghi dell'idiota contemporaneo. Non escludo che, alcuni di quegli stessi idioti, si stiano ora cimentando nella lettura di questo articolo, magari con la fronte aggrottata (ancora una volta) tipica dell'individuo preistorico dinnanzi al divampare della prima timida fiamma, in seguito allo sfregamento frenetico di due pietre.
Ed è come conseguenza della loro esistenza che nasce questa mia raccolta di articoli scevri da ogni tecnicismo (nonostante il mio mestiere spesso lo imponga): per comunicare ai saggi come agli stolti, prediligendo un linguaggio comune, chiaro e trasversale. Se dovessi non ottenere il risultato desiderato, avrei fallito nel mio intento di rendermi usabile.
Nella costruzione degli elaborati digitali, esistono delle fasi cruciali di condivisione del progetto con altri soggetti-colleghi coinvolti nella rappresentazione visiva e/o contenutistica delle funzionalità; si tratta delle interfacce con le quali l'utente finale si ritroverà a interagire. Si tratta di stabilire cosa (e come) mostrare al povero malcapitato di turno affinché possa comprendere cosa (e come) fare all'interno di una pagina web erogatrice di un determinato servizio. Si tratta, dunque, di duellare con gli idioti affinché comprendano un passaggio elementare: le cose vanno rese comprensibili a tal punto da rasentare l'ovvietà. L'utente, pertanto, merita l'eccellenza in materia di chiarezza. Sempre.
La mia esperienza, le mie orecchie, la mia memoria unite alle parole dei suddetti colleghi (e non) e alla carica espressiva che talvolta le contraddistingue, han prodotto una letteratura di cui non vado fiera:
1) “Ma tanto ...l'utente lo sa“.
Parafrasando: non sperperare del tempo prezioso a render comprensibile cosa deve fare Mario Rossi per svolgere l'azione "X"; al fumo uscente dal cervello, scaturito da rompicapi kafkiani, è cosa a cui il Rossi di turno è già avvezzo.
Replicando: certamente, d'altro canto è giusto intascare del danaro trascorrendo ben 8 ore al giorno a contemplare l'immodificabile status quo. Il tempo va impiegato nell'attività di perditempo, mai nella costruzione di un messaggio conciso e incisivo. Sia mai!
2) "Ma nessuno si è mai lamentato".
Parafrasando: stai sollevando questioni inutili. L'utente ha subìto, da sempre, questa sciatteria comunicativa, accogliendola come la sola strada possibile.
Replicando: certamente, mio caro interlocutore, il mondo è disseminato di soprusi ed è giusto che, l'entità del danno, vada misurata sul numero di soggetti palesemente vomitanti o urlanti all'orrore. Quella donna subisce le botte del marito da secoli, non si è mai lamentata, il fatto non sussiste; è legittimo seguitare in tal senso.
3) "Se non capiscono sono scemi".
Parafrasando: è la stupidità dell'utente la causa dell'incomprensibilità delle interfacce, e non la nostra incapacità di comunicarle.
Replicando: certamente, perché ammettere che l'intelligenza risieda nel farsi capire (e non nel capire)? Perché ammettere che il cretino sia io, correndo il concreto rischio di dover rimpastare e rifare il lavoro? Il presunto ritardo mentale del navigante come stratagemma per svincolarsi da ogni responsabilità tecnica e professionale.
4) "Basta che sia gradevole".
Parafrasando: tu, designer, in quanto erogatore di un servizio meramente esecutivo, non sei pagato per ragionare, né per renderti portavoce di un processo comunicativo logico / lineare, bensì per limitarti all'appagamento visivo dell'osservatore.
Replicando: certamente, l'azienda non ha tempo per lasciar produrre al designer prodotti di qualità che lo rendano degno del lordo annuale percepito; l'azienda deve produrre roba, scadente, mediocre, purché sia roba; l'azienda ha danaro da spendere, pertanto - nel caso si intenda preservare prodotti incomprensibili - è doveroso altresì investire in una nutrita area di figure dedite al mare di richieste di supporto e assistenza che ne deriveranno. Figure che non avrebbero ragione di esistere se si spendesse qualche ora (di quel tanto prezioso tempo) nella realizzazione di elaborati ragionati e scolpiti a misura d'uomo.
In conclusione evinceremo che, ogni Designer che si rispetti (serio, e non sedicente tale), avrà redatto una tragicomica sintesi: l'interlocutore, programmatore, disegnatore o manager che sia - dal tipico sguardo beota, ridanciano - è spesso un alzatore di spallucce; è asservito al potere e mai all'intelligenza; non concepisce la professione come missione volta alla soddisfazione del cliente; non concepisce l'esperienza di interazione come l'occasione di instaurare un dialogo (privo di interrogativi) con l'utente navigante. È lo stesso idiota che paga la nostra figura affinché si adagi sull'universo del "questo non si può fare, né mutare".
Un mestiere meraviglioso, il nostro: vive per contemplare, ammirare e riconfezionare quel che già l'utente sa.
Difatti, in tutte le occasioni, si palesa e con la medesima intensità. Oggi come ieri, talvolta più di ieri, si perfeziona, si nutre di nuovi stimoli esterni, si lascia influenzare (quasi per induzione) da espressioni verbali nonsense, da esternazioni che sono frutto della totale dismissione dell'intelligenza.
Da qui nascono, dopo anni di estenuanti battaglie, i miei appunti (e disappunti) sui dialoghi dell'idiota contemporaneo. Non escludo che, alcuni di quegli stessi idioti, si stiano ora cimentando nella lettura di questo articolo, magari con la fronte aggrottata (ancora una volta) tipica dell'individuo preistorico dinnanzi al divampare della prima timida fiamma, in seguito allo sfregamento frenetico di due pietre.
Ed è come conseguenza della loro esistenza che nasce questa mia raccolta di articoli scevri da ogni tecnicismo (nonostante il mio mestiere spesso lo imponga): per comunicare ai saggi come agli stolti, prediligendo un linguaggio comune, chiaro e trasversale. Se dovessi non ottenere il risultato desiderato, avrei fallito nel mio intento di rendermi usabile.
Nella costruzione degli elaborati digitali, esistono delle fasi cruciali di condivisione del progetto con altri soggetti-colleghi coinvolti nella rappresentazione visiva e/o contenutistica delle funzionalità; si tratta delle interfacce con le quali l'utente finale si ritroverà a interagire. Si tratta di stabilire cosa (e come) mostrare al povero malcapitato di turno affinché possa comprendere cosa (e come) fare all'interno di una pagina web erogatrice di un determinato servizio. Si tratta, dunque, di duellare con gli idioti affinché comprendano un passaggio elementare: le cose vanno rese comprensibili a tal punto da rasentare l'ovvietà. L'utente, pertanto, merita l'eccellenza in materia di chiarezza. Sempre.
La mia esperienza, le mie orecchie, la mia memoria unite alle parole dei suddetti colleghi (e non) e alla carica espressiva che talvolta le contraddistingue, han prodotto una letteratura di cui non vado fiera:
1) “Ma tanto ...l'utente lo sa“.
Parafrasando: non sperperare del tempo prezioso a render comprensibile cosa deve fare Mario Rossi per svolgere l'azione "X"; al fumo uscente dal cervello, scaturito da rompicapi kafkiani, è cosa a cui il Rossi di turno è già avvezzo.
Replicando: certamente, d'altro canto è giusto intascare del danaro trascorrendo ben 8 ore al giorno a contemplare l'immodificabile status quo. Il tempo va impiegato nell'attività di perditempo, mai nella costruzione di un messaggio conciso e incisivo. Sia mai!
2) "Ma nessuno si è mai lamentato".
Parafrasando: stai sollevando questioni inutili. L'utente ha subìto, da sempre, questa sciatteria comunicativa, accogliendola come la sola strada possibile.
Replicando: certamente, mio caro interlocutore, il mondo è disseminato di soprusi ed è giusto che, l'entità del danno, vada misurata sul numero di soggetti palesemente vomitanti o urlanti all'orrore. Quella donna subisce le botte del marito da secoli, non si è mai lamentata, il fatto non sussiste; è legittimo seguitare in tal senso.
3) "Se non capiscono sono scemi".
Parafrasando: è la stupidità dell'utente la causa dell'incomprensibilità delle interfacce, e non la nostra incapacità di comunicarle.
Replicando: certamente, perché ammettere che l'intelligenza risieda nel farsi capire (e non nel capire)? Perché ammettere che il cretino sia io, correndo il concreto rischio di dover rimpastare e rifare il lavoro? Il presunto ritardo mentale del navigante come stratagemma per svincolarsi da ogni responsabilità tecnica e professionale.
4) "Basta che sia gradevole".
Parafrasando: tu, designer, in quanto erogatore di un servizio meramente esecutivo, non sei pagato per ragionare, né per renderti portavoce di un processo comunicativo logico / lineare, bensì per limitarti all'appagamento visivo dell'osservatore.
Replicando: certamente, l'azienda non ha tempo per lasciar produrre al designer prodotti di qualità che lo rendano degno del lordo annuale percepito; l'azienda deve produrre roba, scadente, mediocre, purché sia roba; l'azienda ha danaro da spendere, pertanto - nel caso si intenda preservare prodotti incomprensibili - è doveroso altresì investire in una nutrita area di figure dedite al mare di richieste di supporto e assistenza che ne deriveranno. Figure che non avrebbero ragione di esistere se si spendesse qualche ora (di quel tanto prezioso tempo) nella realizzazione di elaborati ragionati e scolpiti a misura d'uomo.
In conclusione evinceremo che, ogni Designer che si rispetti (serio, e non sedicente tale), avrà redatto una tragicomica sintesi: l'interlocutore, programmatore, disegnatore o manager che sia - dal tipico sguardo beota, ridanciano - è spesso un alzatore di spallucce; è asservito al potere e mai all'intelligenza; non concepisce la professione come missione volta alla soddisfazione del cliente; non concepisce l'esperienza di interazione come l'occasione di instaurare un dialogo (privo di interrogativi) con l'utente navigante. È lo stesso idiota che paga la nostra figura affinché si adagi sull'universo del "questo non si può fare, né mutare".
Un mestiere meraviglioso, il nostro: vive per contemplare, ammirare e riconfezionare quel che già l'utente sa.
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