Looks (not) good

LE FACCE DELLA COMUNICAZIONE

- "Wow, se questa maniglia per anta la giri così pare proprio la cornetta d'un telefono!";

 - "Se scruti attentamente questa trave in legno, certi nodi sembrano facce sorridenti!";  

- "E questo cavatappi? Pare proprio un omino dalle lunghe braccia!"; 

- "Quella mini tavoletta di cioccolato è in realtà una pennetta USB!"

Sembra gente entusiasta, vero? 
Nonostante una grossa fetta di pubblico sia attratta da eventi, oggetti e contenuti di difficile inquadramento sensoriale contraddistinti da una duplice identità, nella percezione umana convivono due aspetti antitetici: 
se da un lato risulta istintivo, rassicurante, quasi automatico ricondurre un elemento visivo a una faccia o ad altro oggetto familiare, dall'altro affiora - talvolta - un atteggiamento di rifiuto verso ciò che appare troppo scontato, prevedibile, banale.
Sorge quindi naturale, specie nell'ambito di certe forme artistiche quali lo spettacolo, il cinema e l'intrattenimento, rivolgere l'attenzione (e provare attrazione) verso situazioni di suspense o esperienze interattive dall'esito incerto. 

Questa tendenza ad aggirare la scontatezza spinge gli utenti a concentrarsi su cose capaci di alimentare una potenziale ambiguità ma - al contempo - fa sì che il cattivo Designer si senta autorizzato a percorrere la scorciatoia dell'approssimazione comunicativa come fosse un vezzo artistico.

"Ma sì, tanto l'utente lo sa oppure, dopo due o tre volte che lo guarda/smanetta ...alla fine lo capisce". 
Al creativo tutto è concesso: se il visual è zoppicante, raffazzonato, scarsamente intuitivo o facilmente fraintendibile [a causa del ricorrente abuso di artifici multimediali, ad esempio] viene al massimo definito (e venduto) come effetto voluto, mai censurato in quanto imperdonabile pecca. 

Ma torniamo ai nostri utenti. 
È possibile ripercorrere i casi di ambivalenza visiva attraverso tre metafore esemplificative:
 
1. Ambivalenza immaginaria 
 
Non essendo prodotta dal designer nè dalla natura, è imputabile al solo osservatore. 
Fanno parte di questa categoria tutte le cose che possono sembrarne altre, oggetti che "a scrutarli bene" ne nascondono altri (fenomeno anche definito pareidolia) come negli esempi della maniglia-cornetta o dei nodi lignei evocativi di espressioni facciali. In questi frangenti è l'osservatore a detenere il potere disegnando con la mente figure in realtà inesistenti. 
Assegnare una molteplicità di papabili significati è un atavico automatismo dell'individuo. 
Volendo trasporre questo concetto all'esperienza di navigazione/consultazione, anche l'interfaccia oggettivamente più impeccabile può comunque essere mal interpretata. Esistono difatti utenti molto poco avvezzi alla frequentazione di dispositivi tecnologici o addirittura incapaci di recepire consolidati standard rappresentativi. 
In simili casi neanche il professionista più attento potrà pienamente prevedere questa variabile indipendente; potrà tuttavia adoperarsi per scongiurare qualsiasi potenziale ambiguità estetica. 
"E cosa mai potrebbe accadere a utenti di questo tipo?" - vi domandereste voi - "... potrebbero scorgere/riconoscere un volto persino osservando un modulo di compilazione composto da qualche campo e un pulsante?".

Ebbene sì, potrebbero incappare anche in questo inconveniente, specie se il Designer abbia maldestramente creato (s)favorevoli condizioni che possano aver suggerito immagini antagoniste alternative, capaci cioè di distogliere l'attenzione dallo scopo primario: la comprensione e compilazione del form da parte di un profano.
 
"E quali sono le condizioni sfavorevoli?", incalzereste voi. 
Sono sfavorevoli tutti quei codici comunicativi che non riflettano (qualora il contesto lo esiga) i requisiti estetici e le regole di interazione propri dei sistemi dinamici e intelligenti di cui parleremo nel punto 2.
 

 
2. Ambivalenza evocativa 
 
Accessori relegabili a una condizione intermedia - ben rappresentata dal cavatappi - grazie alla quale senza alcuno (o comunque davvero esiguo) sforzo cognitivo può esser facile vedervi, per oggettiva comunanza di sembianze e proporzioni, una figura umana comprensiva di articolazioni. 
Del tutto intaccata, in questo caso, resta la brillante capacità dell'oggetto nel suggerire al fruitore la propria funzione; quest'ultima viene anzi amplificata dal profilo stesso delle parti meccaniche. 
Forma e funzione dell'organo sono in perfetta sinergia: le caratteristiche dei vari componenti ne ricalcano e ne raccontano quasi esplicitamente lo scopo finale. 

Il cavatappi è il virtuoso punto di congiunzione tra funzionalità e creatività. Vedervi facilmente una figura umana, oltre ad essere un giocoso e rassicurante spunto di design, aiuta a recepirne/memorizzarne il comportamento e la spontaneità di utilizzo persino in soggetti che non abbiano alcuna nozione di fisica.

Pare un ballerino di danza classica capace di coniugare elegante grazia a eloquente meccanica: 
- la spirale acuminata evoca la preliminare pratica di infilzamento del tappo; 
- la testa rotante funge da manopola d'avvitamento/penetrazione della vite nel sughero"; 
- le braccia si innalzano, quasi a voler gridare "Vittoria!" (alias operazione avvenuta con successo); 
- la sensazione di trionfo trasmessa delle braccia levate ha una tale carica espressiva da indirizzare alla fase conclusiva del processo, ovvero alla "spinta dei due arti verso il basso, a mo' di leva estrattrice del povero tappo, ora irrimediabilmente trafitto". 
Niente di più semplice, no? 
È di certo più gravoso lo sforzo muscolare rispetto a quello cognitivo. 

"Ma ...nell'ambito dell'esperienza di navigazione, possiamo rintracciare qualcosa di analogo al fenomeno cavatappi?", chiedereste voi.  
Certamente, facciamo un esempio: immaginiamo di trovarci nuovamente davanti al nostro form.
 
 
Se il pulsante CONFERMA E INVIA è spento (per convenzione graficamente sbiadito) significa che il sistema si attende io faccia qualcosa, che manchi (almeno) un'interazione, nella misura in cui le braccia del nostro omino sono ancora abbassate prima che io trafigga il povero tappo, giusto? Significa che il progettista ha voluto creare una procedura guidata amica, dinamicaintelligente.
Inizierò quindi a digitare il primo dato richiesto - REGIONE - come fase propedeutica ai successivi passaggi, immagino. 
Il pulsante non si attiva ancora? 
Bene, significa che dovrò procedere alla compilazione degli altri dati richiesti, ipotizzando si tratti di una successione di eventi a cascata efficacemente comunicata dall'accensione progressiva dei vari campi:

1. digitare la regione (infilzare il tappo con la vite del cavatappi);

 2. si attiva il campo provincia, quindi scegliere una provincia (ruotare ripetutamente la testa del cavatappi); 

3. si attiva il campo città, quindi selezionare una città (ultima rotazione, ultimo sforzo, siamo quasi a fine corsa);

4. il pulsante finalmente si accende (la spirale è ormai del tutto immersa nel tappo, il cavatappi ha alzato le braccia sino al massimo consentito);

Perfetto, a partire da ora non posso far altro se NON cliccare sul tasto CONFERMA E INVIA, nel frattempo illuminatosi di verde (non posso far altro se non tirar giù le braccia e provocare l'atteso epilogo: la rimozione del tappo dal collo della bottiglia). 

Ecco, stampate bene nella mente [e possibilmente anche su carta e a caratteri cubitali] questo passaggio cruciale: è urgente e doveroso fare in modo che - per ogni luogo di interazione tra persona e macchina - il sentimento sortito sia sempre accompagnato dalle espressioni "OK, ora mi viene spontaneo far così ...poichè non posso far altro se non questo e - se non esattamente questo - cos'altro?".  

Ovvio, no? 

 
3. Ambivalenza illusionistica 
 
Oggetti che, per mano di una sapiente, mirata strategia creativa, vengono svincolati dall'aspetto originario al fine di evocare un accessorio appartenente a una categoria del tutto differente che ne preservi comunque geometria e consistenza. È questo il caso (definibile come trompe-l'oeil) della nostra favolosa USB-cioccolato che, da dispositivo informatico, si traveste da genere alimentare a scopo meramente illusionistico. 
Vi assicuro che alcune versioni di questo esemplare di design profumano realmente di cioccolato. Attenzione a non ingerirle per sbaglio! 
Si pensi alle pitture murarie denominate trompe l'oeil, ai fiori finti o a tutte le volte in cui erroneamente percepiamo uno specchio come il prolungamento di una stanza ...al punto da indurci a sbattervi contro con tutte le forze.  

Per fare un parallelismo con le interfacce digitali, analoga condizione può ad esempio presentarsi se un simbolo/icona "play" (il classico triangolino con la punta rivolta a destra, per intenderci) venisse arbitrariamente collocato su una qualsiasi immagine ma a scopo puramente illustrativo: questo farà impazzire il fruitore a furia di clic su uno pseudo-play che non avvierà mai alcun filmato!
Se nel caso di una pennetta-cioccolato non accadrà nulla o al massimo un incontenibile desiderio d'addentarla, un falso elemento [un non pulsante] è definibile come un falso allarme: il fruitore, attendendosi un ben preciso esito, sarà invece vittima di un totale bluff. 
La cattiva usabilità risiede ovunque il messaggio o l'elemento iconografico siano magari tecnicamente e formalmente impeccabili ma disattendano completamente le aspettative del navigante.
Sarebbe come organizzare una festa offrendo agli invitati dei bellissimi pasticcini ma di carta. 
 
Ad essere ingannevole non è tanto la collocazione di un set di elementi iconografici (play + fotogramma di anteprima) in un ambiente non pertinente quale potrebbe essere un supporto analogico [anzi, l'anteprima video raffigurata sulla pagina di un giornale non burlerà mai alcun utente/lettore poichè fugherebbe tempestivamente qualsiasi dubbio interpretativo: una foto stampata su carta non si animerà mai per definizione], ad essere ingannevole - invece - è proprio la sua collocazione in un luogo digitale dove sia sì plausibile e prevedibile - vuoi per cultura, vuoi per associazione di idee - un determinato comportamento [ovvero l'emissione di suoni e immagini in movimento] ma che in realtà si rivela una simulazione in piena regola. 
 
L'abbinamento di queste icone [convenzionalmente preposte all'avvio/controllo del filmato] alla figura di sfondo sulla quale si adagiano, dà luogo a una serie di indizi che si configurano come "animazione pronta da lanciare". Il mancato avviamento è imputabile a un ventaglio di ipotesi/mancate risposte: 
- si tratta solo di un ingannevole disegno?
- la connessione si è temporaneamente interrotta?
- il dispositivo manca di un plug-in?
- è in atto un errore funzionale?  
- il video è di fatto disabilitato ma graficamente (ed erroneamente) proposto come attivo?
 
Per questa ragione il nostro pulsante conferma e invia appare spento fintanto che non diviene operativo, per avvisare preventivamente gli utenti gridando loro: "Ehi gente, sono disabilitato! Inutile che mi clicchi!".
 
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Salvami la vita 
Abbiamo parlato di un tipo di sentimento certamente intrigante ma accettabile e promovibile nel solo ambito artistico/scenografico propriamente detto. 
In sostanza, maggiore è il numero di persone a scambiare quella USB per del vero cioccolato, più il designer si sarà qualificato come un abile giocatore in materia di intrattenimento.
Si tratta però di un'ambiguità assolutamente bandita nel contesto delle esperienze di navigazione, nella segnaletica stradale, nell'editoria, nella didattica e in tutto ciò che lavori al servizio dell'istruzione.

I dispositivi informatici, così come gli strumenti meccanici di varia natura e impiego, sono il mezzo che veicola l'utilizzatore verso la verità e la riuscita, non possono concedersi il lusso di divenire oggetto di considerazioni quali "Ah ma è un modulo da compilare? Sembrava solo un visual fico!",
"Ah ma in questo campo posso scriverci dentro? Vedendolo colorato credevo fosse un pulsante, ecco perchè cliccandoci sopra non succedeva nulla!".

Per farvi comprendere a fondo la differenza tra mero intrattenimento e servizio userò una cinica metafora. 
Immaginate di nascondere, a un cane, un osso succulento all'interno di una casa al fine di tenerlo attivo e invogliarlo alla ricerca dell'oggetto trafugato, quindi al raggiungimento dell'appagamento: questo è intrattenimento
Se gli nascondessimo - invece - il pasto quotidiano e l'acqua che ne garantiscano la sopravvivenza sarebbe spietata, oggettiva, imperdonabile crudeltà: sarebbe sottrazione di un bene di prima necessità.

La buona comunicazione è vitale al pari del cibo e dell'acqua; è tanto più funzionale e funzionante quanto più è sgombra da dubbi e colpi di scena; è nutrimento, non divertimento nè vagabondaggio visivo volto alla spasmodica ricerca di significati sottratti.

Incollata allo schermo voglio starci per scelta mia, magari per guardare un film, non per scelta di chi - non possedendo neanche le basi della propria professione - mi costringa a una permanenza straziante solo per capire come/dove trovare e compilare un form!

Ricorda, utente: esigi procedimenti celeri, diretti, scevri da tensioni, mai trame intricate.
 
Ricorda, Designer: siamo utenti, non tuoi ostaggi.
 
Ricorda, interfaccia: sei un servizio, quasi un pronto intervento, non un thriller mozzafiato.

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