Sounds (not) good

COMUNICAZIONE UTENTE-UTENTE E "FALSE FRIENDS" DEL SOUND DESIGN
 
"Cra Cra Cra", 
"Cra Cra Cra"...sentivo provenire da qualche remoto angolo del vagone d'una metropolitana in corsa, destandomi da un lieve assopimento. Le mie orecchie riconoscevano il nitido gracidare di un gruppo di rane.

"Ma è mai possibile?", pensai aguzzando nuovamente l'udito.

La mia mente si figurava un convegno di ranocchi riunitisi per un comizio clandestino, distante da occhi curiosi o da eventuali pietruzze lanciate da bimbi dispettosi. Sebbene tradite dalla sonorità insistente che le rendeva palesemente sgradevoli al pubblico viaggiante, era un piacere apprendere dell'esistenza di quegli esserini incontaminati in un contesto spaziale non esattamente atteso né pertinente.
Eppure non mi risultava vi fossero stagni a bordo dei mezzi pubblici urbani.
Di lì a poco notai un ragazzotto - distante qualche metro da me - dal volto ridanciano, incollato allo schermo d'uno smartphone grosso quanto la sua faccia, impegnato in una fitta corrispondenza telematica. Aveva delle rane annidate nel telefono? Aveva impostato "rana" come suoneria della messaggistica?
Stava svolgendo una videochiamata con delle rane? O quel che credevo fosse un telefono era in realtà una rana (confermando il mio esser preda di un'assai poco rassicurante allucinazione)?


Come avrete certamente colto dal mio esempio - che denomineremo "messaggio-rana" - il potere di rivelarsi talvolta ingannevoli non è prerogativa delle sole immagini poiché - udite udite - l'usabilità passa anche per il suono. Ebbene sì.
Avete mai fatto caso a quanti rumori evochino A ma in realtà siano B?
Mi spiego meglio: sapete quanti segnali di notifica emessi da un dispositivo digitale X siano in grado di emulare realisticamente e fedelmente un apparecchio analogico Y senza che l'ascoltatore o il passante di turno nemmeno se ne accorga? O che magari se ne accorga solo in un secondo momento, provando un soddisfatto stupore?
Sto parlando dell'interazione (involontaria/accidentale) utente-utente, tipica di fruitori che - per via d'un mal celato esibizionismo - configurano i propri strumenti di comunicazione elettronica al fine di spiazzare chi vi sia accanto o comunque semplicemente in ascolto:
"Ma dai! non dirmi che era il tuo cellulare! Pensavo fosse il "tin" del microonde e mi son precipitato a controllar le patate!".

In sostanza l'utente contemporaneo è stato messo in condizione di poter personalizzare a tal punto i suoni di notifica di chiamate, email, messaggi in entrata, sveglie, ecc. da trasformare questi avvisi musicali in veri e propri trompe d'oreille (o inganna orecchio) allo scopo di rievocare il segnale acustico di elettrodomestici, sirene di autoambulanze, versi di animali, rumori di attrezzi da lavoro o mezzi di trasporto, strumenti musicali, rubinetti gocciolanti, sciabordii, ronzii, fruscii, gettoni che cadono, ecc.
- "Non senti anche tu dell'acqua sgorgare?"
- "Ma no, tranquilla, è il mio cellulare. Dev'essermi arrivata un'email!".
- "Un'email?! E io che già temevo l'ennesimo guasto idraulico!"

Se da un lato il miglioramento delle capacità tecnico/informatiche ha reso possibile, a scopo meramente intrattenitivo, l'importante manipolazione di effetti sonori "nativi", dall'altro ha provocato un crollo di quei riferimenti/certezze che potessero rendere immediatamente intuibile la provenienza d'ogni rumore, ovvero di riconoscerne la voce.

L'ambivalenza illusionistica comprende quindi anche tutti quegli arrangiamenti musicali promotori di ricorrenti espressioni alla stregua di "Ma che sballo, questa suoneria pare un rullo di tamburi!", ovviamente circoscrivibile ai soli apparati elettronico/digitali.

Ricapitolando: destrezza del creativo nell'emulare - attraverso  sintetizzatori e strumenti sempre più sofisticati - una vasta gamma di suoni messi al servizio del fruitore, unita a utenti divertiti e smaniosi di sperimentare sonorità alternative [per burlare il proprio e l'altrui orecchio] ha incrementato il numero di chiavi interpretative; ha destabilizzato la nostra percezione acustica rendendoci sempre più sospettosi rispetto ai segnali provenienti dal mondo esterno; ha acuito la nostra attenzione verso i suoni rendendoci al contempo più suscettibili alla caduta in confusione.

La voce del suono
Drindrìn (qualcuno suona al citofono)
- "Chi è?"
- "Io!"
Il cancello viene aperto all'istante, senza neanche un timido, plausibile "Puoi ripetere, scusa? Non sono certo d'aver ben capito chi sei".
Come avranno mai fatto i due soggetti a riconoscersi reciprocamente senza alcun segnale d'esitazione?
A meno che il dispositivo non sia in avaria dando luogo a una drastica distorsione del suono, il timbro, la modulazione, la cadenza, il volume della voce rappresentano una combinazione di parametri utili alla costruzione di quel codice univoco che rende riconoscibile il signor "Io" in un millisecondo, senza che questo debba annunciarsi col proprio nome: una vera e propria impronta vocale.

Ma se il soggetto citofonante pronunciasse quell' "Io!" a bassa voce, in falsetto o con un tozzo di pane in bocca alimenterebbe significativamente i dubbi dell'interlocutore circa la sua identità.

Ebbene, immaginate l'orecchio dell'ascoltatore come una sorta di porta chiusa a chiave.
Per entrarvi sarà necessario inserire e girare quell'unica e sola chiave, giusto?
Un suono alterato, o comunque qualsiasi suono che ne emuli un altro, è assimilabile a una chiave mozzata o deformata; una chiave non più in grado di sortire l'effetto atteso: l'apertura della porta.
Con un tozzo di pane in bocca non basterebbe neanche sostenere e spergiurare a gran voce d'esser Mario Rossi. Non verrà aperta alcuna porta [né simbolica, né reale].

Possiamo quindi sostenere che il suono è un identificativo, un'icona capace di accendere quella lampadina mentale che induca ad esclamare: "Ok, è davvero lui! Apro subito!"

Suoni in maschera
Di visioni bugiarde, percezioni ingannevoli che ci assalgono in ogni dimensione della nostra esistenza - complice una tecnologia in continua evoluzione - ne abbiamo a bizzeffe.  
La cattiva usabilità [ovvero la scarsa intuibilità delle cose] risiede ovunque il messaggio sia tecnicamente e formalmente impeccabile ma non sia congruo rispetto al dispositivo erogante (il nostro messaggio-rana, ad esempio).
Un messaggio sovrapponibile a uno o più significati è destabilizzante al punto che, se l'utente fosse cieco , bendato o temporaneamente poco lucido, potrebbe incappare in clamorosi fraintendimenti.
 
A emulare lo status di cecità potrebbe essere anche una banale conversazione telefonica.
Mi trovavo ad esempio a parlare con una persona alla quale dovetti chiedere la cortesia di interrompere la comunicazione per via di fuochi d'artificio piuttosto forti (o almeno quel che credevo fossero).
"Non riesco a sentirti, c'è forse una festa nel tuo paese?", chiedevo turandomi l'orecchio libero dalla cornetta.
Il mio interlocutore, sbigottito, replicò di essere semplicemente intento a prepararsi dei popcorn.
Evidentemente nel momento in cui i chicchi di mais si trasformavano in popcorn si udiva quel classico scoppiettio che ne definiva la cottura e il conseguente rilascio dei vari elementi nell'apposito alloggiamento.
Sebbene si trattasse di un'ambivalenza acustica involontaria, l'effetto sortito a livello percettivo era realmente identico a un capodanno in atto!

E quando la sveglia del telefono - da me impostata in modalità silenziosa - vibrava da svariati minuti sul comodino e lo stato d'incoscienza dovuto al dormiveglia mi faceva credere (per via di un ovvio fenomeno di autosuggestione) si trattasse del trapano di quel cantiere in lontananza?
E quando dormivo con in sottofondo la replica notturna del quiz televisivo "Avanti un altro"? Non ci crederete, ma il countdown che precede la risposta del concorrente possiede il medesimo effetto sonoro "din - din - din - din" del conto alla rovescia che prelude allo scatto dell'allarme di casa, sintomatico d'un ladro appena rilevato dal sensore; l'effetto sortito era il medesimo di un infarto in atto!

Diciamo che, mentre il caso popcorn-fireworks assume un carattere prettamente ludico al pari di un messaggio-rana in un convoglio ferroviario, il quiz-allarme e la sveglia-trapano sono emblematici di quando lo spiccato realismo d'un suono [ora travestito, ora sovrapponibile a molteplici significati voluti o accidentali che siano] possa essere così ingannevole da pregiudicare drasticamente la corretta lettura di uno scenario. 

La tensione emotiva scaturita da un falso allarme o il mancato risveglio procurato dalla quasi impercettibile differenza tra un cellulare vibrante e un trapano, burlano di fatto il sistema nervoso dell'utente-consumatore.

Siamo per natura vulnerabili e queste ne son le prove. Il buon progettista, il buon comunicatore ha il potere (ma prima ancora il dovere) di neutralizzare o almeno limitare le conseguenze di qualsivoglia abbaglio, visivo o acustico che sia.

"Siete bravissimi a sembrare", gridava una scritta muraria cittadina. 
La tecnica di far apparire una cosa per un'altra - adottata e proposta da certa letteratura, certa filmografia e da alcuni settori del sound design stesso - consiste nel mistificare cose e verità aggiungendo valore a produzioni dove il dubbio (o meglio l'effetto sorpresa) debba costituire l'elemento portante, sebbene altamente disorientante.
Quindi, cari sound designers, al di là degli utilizzi cinematografici o ludici in senso ampio, almeno nell'ambito degli applicativi/dispositivi del quotidiano, ritorniamo a trasmettere la realtà, piuttosto che emularla o snaturarla.

Risollevare le sorti della comunicazione del suono è ancora possibile. Come? Ovviamente moderando [e dosando con cura] tutte quelle sovrastrutture o inserti che rendano onore ai soli, coatti tecnicismi digitali: quel lieto compromesso tra effetto speciale e buon senso.

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