Il tramezzino nascosto
Il Mario Rossi delle anagrafiche precompilate in fase di disegno progettuale. Sagoma, figurante, mero utente-segnaposto per architetture informative, l'utente per antonomasia.
Esisto davvero, sì, e son persino dotato di una mente riflettente, comprensiva di un discreto senso critico, pensate un pò.
Ho 41 anni e sono barman da quando ne avevo 25. Lavoro in un locale di tendenza, frequentato da soggetti piuttosto snob che amo ascoltare con il dovuto distacco emotivo pur carpendone atteggiamenti ricorrenti, manie, smanie.
Ne assecondo le esigenze, ne prevedo i comportamenti scaturiti dalla mia varietà di approcci (repertorio talvolta suscettibile di correzioni e accorgimenti del caso) cercando di rendere il "dialogo" tra servitore e cliente un'esperienza di gradita, desiderata ripetizione.
Un rapporto che brilli per cortesia ed efficacia interattiva, seppur per un lasso temporale piuttosto esiguo, fugace ma (si spera) a cadenza quotidiana, durevole nel tempo. Volendolo trasporre al contesto digitale, la triade barman-tramezzino-cliente è assimilabile alla triade designer-interfaccia-utente, entrambe accumunate dalla relazione intercorrente tra gli attori autore > oggetto > fruitore.
Tuttavia, mi preme precisarlo, non è che il dispositivo digitale mi catturi a tal punto da divenirne un amatore, men che mai un esperto; forse mi alletta quel tanto che basta per intenderlo come un mero elettrodomestico (anch'esso condannato all'obsolescenza pianificata, o disfacimento a tempo, come l'ho sarcasticamente ribattezzato imprecando dinnanzi all'ennesima lavapiatti finita all'isola ecologica!) in grado di far cose e semplificarmi la quotidiana esistenza. La mia esistenza, sì, già largamente segnata da complicazioni e complicanze.
Da qualche tempo - inoltre - noto l'assurdità di certune mode: fanno scena, fanno scalpore, fanno scoop, come piace definirlo ai teppisti della comunicazione.
Le animazioni, come le scenografie degli spettacoli televisivi, come le grafiche dei cartelloni, come le grafiche dei siti internet, come le grafiche stampate sugli abiti dei miei clienti [quelle coi fronzoli chic, che vogliono suscitare shock], come le confezioni delle cibarie che servo o di quelle che compro - e che poi anche mangio, se trovo il tempo di capire come diavolo si aprano o si scartino! - ritenute "belle" possiedono un fascino misurato sul metro del vigore e dell'attrattiva estetico-visiva e mai sul coefficiente di immediatezza dei concetti che si vogliano davvero recapitare al malcapitato consumatore/spettatore. Altrettanto di rado, forse, sul metro della correttezza funzionale, anch'essa scarsamente riconosciuta come aspetto determinante ai fini della reale attrattiva o del potere persuasivo.
Allo stesso modo, se un tramezzino è pieno, colorato e visivamente succulento, poco importa - secondo i parametri di una clientela scarsamente esigente - se il sapore ne sia realmente all'altezza.
Quel che conta è il servizio: celere, impeccabile, scevro da disguidi o tentennamenti.
Il pranzetto trafugato
Ma entriamo nel vivo della vicenda.
Da appassionato di veicoli storici quali sono, un giorno decisi di visitare il recente prodotto web - autodepoque.it - opera di quell'idiota, improvvisato designer che lavora presso l'azienda qui accanto (ABC S.p.A): il nostro buon Gianni, Gianni Raggiante, per l'esattezza.
A u to d e p o q u e, che nome altisonante, chic, pensai.
Ma, ahinoi, l'elaborato si configurò presto come un rebus per patiti di enigmistica!
Nella scheda di iscrizione/partecipazione, si richiedeva di allegare delle foto ["Allegare le foto",
diceva quel che poi scoprii essere un pulsante, oltre che un'orrida
indicazione declinata all'infinito ("ma ...devo allegare le foto di
cosa?", pensai. Era così oneroso fornire un complemento di
specificazione?: "Gentile utente, è necessario allegare gli scatti del veicolo che si desideri proporre").
Una micragnosa, insignificante, asettica
scrittina immeritevole persino di quella basica sottolineatura
universalmente sintomatica di un elemento sensibile al click del mouse!
Trovata per puro caso/errore nel contesto di una frasetta babbea del
tipo "Per partecipare è necessario allegare le foto", compresi
si trattasse di un pulsante solo in seguito a ripetuti tentativi, un pò
come il tastare duemila interruttori per vedere quale di essi accenderà
il punto luce X nella stanza X.
E luce fu!
Allegai tre di
queste benedette foto e - dopo aver atteso altrettanti interminabili
minuti per vederle caricate su quella pseudo-pagina interattiva - mi si
aprì un pannello di cortesia a mo' di animazione 3D ed effetti shock
recante la nota informativa: "Gentile utente, il numero massimo di foto
allegabili è 2, il peso massimo totale raggiungibile è di 500 kb, le
dimensioni minime sono 200 x 200px, la denominazione del singolo file
non deve superare le 15 battute e non deve contenere numeri nè caratteri
speciali".
Dunque quell'idiota di Gianni, autore dello scempio appena esposto, meritava un'esemplare lezione.
Non
sono un tipo vendicativo ma - da qualche tempo - maturavo in me il
desiderio di studiare e poi inscenare una breve ma assai intensa,
educativa commedia; uno scherzetto maldestro che lo avrebbe visto come
vittima-protagonista.
"Un tramezzino, please"
"Senz'altro, come lo desidera?" - replico io
"Tonno e carciofini, thanks" - risponde lui guardando avidamente le leccornie adagiate oltre il vetro e torturandosi la diradata peluria sotto al mento.
"Prego, vada in cassa. Intanto glielo preparo" .
Al suo ritorno mi lancia un segnale, quasi a voler dire ... "fatto, pagato, porgimi l'anelato cibo!".
Sembra un bimbo che - seduto sul vasetto - tira la giacca al papà per informarlo dell'avvenuta evaquazione.
Lo guardo e dico: "ok, ora vada a cercarsi il suo tramezzino. Sa, qui funziona così: li prepariamo al volo e poi perdiamo di vista le coordinate in cui li posizioniamo. Ma tanto è risaputo: dopo la prima volta e dopo il primo smarrimento, il cliente apprende in qual nascosto pertugio recuperarlo, per poi ricordarselo le volte successive ..."
"Cooosa??? Ma scherza? Io non ho tempo, alle 14 devo salire in ufficio! Non ho tempo per i suoi giochetti di prestigio! Non ho alcuna voglia di cercare!"
"Mi spiace davvero, Signore. Le chiedo scusa ma non ho tempo neanche io. Ho tanti clienti, ho tanta fretta, non vede?" - rispondo con fare sfuggente, quasi a voler evocare l'immagine di un lavorante impertinente e affaccendato.
Dopo le prime lagne, la fame ha la meglio sulla pigrizia. Comincia spasmodicamente a cercare, a cercare, a cercare. E il tempo scorre, il suo telefono squilla e, mentre si ostina ripetutamente a silenziarlo, si gratta nevroticamente il capo ingelatinato assumendo una pettinatura da pazzo.
Cerca persino sotto i tavoli, a quattro zampe come un beota. Gioca a un irragionevole nascondino col tramezzino. Che ridere. Che spasso. Distratto dalla laboriosa faccenda, pare persino aver dimenticato la peluria facciale da martoriare.
Si spazientisce, si indispone, si strugge. Si fa nevrotico.
"Ma cosa sta cercando, Signore?" - chiede la mia complice
"Cerco il mio tramezzino, Signora!".
La donna lo guarda trasecolata accennando un sorriso.
Lo stesso sorriso che si dispensa al matto del villaggio, sto pensando.
Lo stesso, pietoso, sprezzante sguardo di Miranda Priestly ne "Il Diavolo veste Prada", quando la protagonista sottolinea: "Mi chiamo Andrea, non Emily".
Esasperato, si dirige alla toilette, forse in cerca di un approdo confortevole, rassicurante, distante da un mondo che ha smesso di piacergli.
La porta era socchiusa, così da poter scorgere le successive fasi dell'intricato aneddoto.
Non riuscendo a reperire neanche i tovaglioli per asciugarsi le mani, apre bruscamente la cassettiera sita accanto al lavabo, dove io stesso li avevo impilati.
E ...indovinate un pò?
Nel medesimo cassetto, sebbene non troppo in vista, trova l'appetitoso tramezzino "tonno e carciofini"! Lo avevo ben trafugato quando il tonto era ancora intento - in cassa - a racimolare le residue monetine custodite nelle tasche.
"Ma non si vergogna?" - urlò sbattendo il piatto sul mio bancone. Il tramezzino fece un balzo in aria. Il piatto era in plastica, non in ceramica, poichè avevo già presagito la sua scortese, distruttrice irruenza.
"Vergognarmi io? Davvero? E Lei? Lei non prova alcun pudore nel privare i suoi utenti di una meritata, assolutamente legittima navigazione fluida e comprensibile? Una navigazione dove ogni cosa, oltre che ben visibile in pagina, sia collocata al proprio posto affinchè il fruitore la riconosca, invece di vedersi frettolosamente imbastire una grafica d'impatto ma per nulla comunicativa? Non sa che ogni prodotto (nonchè ogni funzionalità in esso contenuta) necessita di essere curato e creato ad hoc per quel dato pubblico e per quel dato scopo? Ha idea di cosa siano l'empatia, la progettazione, la costruzione?" - replicai avvicinandomi a un centimetro dalla sua faccia inebetita.
"L'empatia? Ma che è? Uno degli ingredienti dei suoi sandwich?" - domanda deliziandomi con la sua grassa, buzzurra risata.
"Ebbene sì, Signore. L'empatia è l'ingrediente d'elezione di ogni cosa che io prepari e serva a voi clienti. L'empatia è intuire quale sia il giusto quantitativo di maionese da aggiungere affinchè questa non sovrasti il sapore degli ingredienti principali; empatia è fare in modo che la foglia d'insalata non sia così ingombrante da eclissare la cotoletta; empatia è porgere il caffè esattamente sotto al Suo naso affinchè Lei non debba chiedersi se la tazzina sia davvero Sua e non di un altro.
Renderà questa nostro mondo, questa nostra vita più semplici, più meritevoli d'essere abitati.
Ora dimmi, cosa L'ha turbata nel non vedersi servito nell'immediato il Suo goloso tramezzino? Non era Lei a sostenere che - sebbene la funzionalità o il tasto siano nascosti o scarsamente comprensibili - una volta identificati e torturati di click sarebbero poi stati accolti e assimilati per poi esser ricordati/rintracciati le successive volte? Ammesso che l'utente voglia davvero prendersi la briga di ri-visitare scenari così imbarazzanti o vedersi affibbiata la squallida, famigerata affermazione: Ma tanto ...l'utente lo sa"
Dopotutto è un fatto: una noce di cocco non potrà mai divenir banana (e viceversa). Avrò tuttavia apportato una scientifica evidenza alla teoria in principio esposta; avrò reso lampante - e inconfutabile - l'assoluta analogia tra un servizio confinato all'interfaccia digitale e una qualsivoglia prestazione strettamente connessa al mondo della ristorazione, del commercio in senso ampio, dove tutto necessita di essere erogato con urgenza, immediatezza, empatia.
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